martedì 27 ottobre 2015

BELLE E PERICOLOSE



LE PIANTE VELENOSE
di ALBERTO MAJRANI


Si sente spesso dire che quando una cosa è naturale non  può far  male, anzi che è senz'altro buona e fa bene... ma  sarà vero?  Mica  tanto:  infatti, la maggior  parte  dei  veleni conosciuti si ricava dal mondo naturale, dagli animali e  in particolar modo dalle piante. Si può senz'altro dire che sui diversi milioni di specie vegetali viventi sul nostro pianeta, solo poche migliaia sono commestibili per l'uomo, mentre le altre sono indigeste o decisamente tossiche. Se non fosse così,  si  potrebbero  mangiare le foglie  degli  alberi,  o l'erba  dei prati, e risolvere facilmente il problema  della fame  nel  mondo,  almeno fino a quando  la  crescita  della popolazione  umana non porterebbe alla completa  distruzione delle  risorse alimentari. Già, ma perché molte piante  sono velenose? A differenza degli animali, i vegetali non possono scappare: non volendo essere mangiati, cercano di difendersi come possono, per cui producono sistemi di difesa meccanici, come spine, gusci, cortecce dure e resistenti, oppure chimici,  come le sostanze tossiche. Spesso l'unica parte  commestibile di una pianta è il frutto, perché in questo modo  il vegetale  si  garantisce  il futuro  della  propria  specie: l'animale  mangia il frutto per intero per poi espellerne  i semi  duri  e indigesti, contribuendo così a  diffondere  la specie su di un'area più vasta. Attenzione, però, questo non vuol dire che tutti i frutti siano commestibili! Quello  che per  un dato animale può essere  tranquillamente   mangiato, può essere estremamente velenoso per un altro animale,  come pure  per l'uomo. Bisogna poi stare molto attenti, prima  di ingerire  qualcosa, a non commettere tragici errori:  piante di aspetto simili ma di specie diverse possono avere effetti completamente opposti; tanto per fare un esempio, è capitato che  dei bambini si siano gravemente avvelenati  confondendo le  pericolosissime  bacche nere dell'edera  con  i  gustosi mirtilli! Quindi,  bisogna avere l'assoluta certezza nell'identificare  una pianta prima di mettere qualcosa in  bocca; ed  occhio  a  quel che combinano  i fratellini o i loro amichetti! L'insidia  può  nascondersi ovunque, anche  nel  giardino  o nell'orto  di casa, e persino negli appartamenti  di  città. Per  esempio,  tutta la pianta della patata è  velenosa,  ad esclusione dei tuberi: ed anch'essi, prima di essere  consumati,  devono essere sbucciati e cotti; comuni piante  ornamentali, come la digitale, l'oleandro, il mughetto,  possono essere  mortali. Sono noti casi di persone che sono  rimaste avvelenate solo per avere inavvertitamente bevuto l'acqua in cui erano stati immersi certi fiori.
Per  quanto  riguarda i semi, è molto raro  che  essi  siano commestibili, proprio perché le piante vogliono evitare  che qualcuno  elimini i loro "figli". E' vero che noi mangiamo i fagioli,  il riso o la farina di grano, però possiamo  farlo solo  dopo averli sottoposti a cottura:  l'alta  temperatura può in taluni casi distruggere le sostanze tossiche. Diverso è  il caso di noci e nocciole, che sono commestibili,  anche se  pesanti  da digerire in dosi massicce; in  questo  caso, oltre  a proteggersi con un guscio durissimo, la  pianta  si affida ad animali come gli scoiattoli, che hanno l'abitudine di seppellire una parte dei semi per l'inverno: qualcuno  di essi  verrà  dimenticato e  potrà  germogliare  indisturbato sottoterra.
Finora abbiamo parlato dei pericoli maggiori,  rappresentati dall'ingestione di parti di piante, ma in molti casi bisogna evitare anche il semplice contatto con le mani: tutti abbiamo  sperimentato le sgradevoli sensazioni di  un  "incontro" con le ortiche, ma sono molti i vegetali che possono  provocare gravi irritazioni alla pelle. Il lattice bianco  contenuto  nelle foglie del fico e delle euforbie  può  provocare delle piccole ustioni, ma è meglio evitare anche di lavorare nell'orto senza usare i guanti da giardiniere; bisogna stare attenti  inoltre a non sfregarsi gli occhi e la  bocca  dopo aver maneggiato le piante, e lavarsi bene le mani. Il massimo  della  tossicità  è  rappresentata  probabilmente  dalla belladonna, che è chiamata così perché un tempo veniva usata come  cosmetico per schiarire la pelle, avvelenando a  lungo andare in modo mortale le donne che ne facevano uso.
"Ecco,  l'ho  sempre detto io che non mi va di  mangiare  le verdure!"-  dirà adesso qualcuno. In realtà  possiamo consumare  tranquillamente quello che compriamo  dal  nostro ortolano,  perché lì troviamo proprio quei vegetali  innocui per  gli  esseri umani, scelti e selezionati  da  secoli  di esperienza; anche se qualche sostanza tossica può essere rimasta in piccole dosi. Come pure conviene lavare bene le piante coltivate per liberarle da eventuali rimasugli dei trattamenti per difenderle  dagli attacchi di insetti, funghi e malattie; i quali possono a loro volta produrre tossine, e proprio questo è uno dei motivi per cui si cerca di combatterli. Più  prudenza va usata con le piante medicinali, che  devono essere preparate con tutte le necessarie  avvertenze  e  dosate nella giusta misura: non ci  si  improvvisa erboristi senza adeguati studi.
E  se  il guaio è già stato combinato, cioè se  qualcuno  ha ingerito una pianta tossica? In questo caso bisogna chiamare immediatamente  un  medico o un'ambulanza, e  rivolgersi  al centro  antiveleni  di un'ospedale conservando  parti  della pianta per consentirne l'identificazione e le cure opportune.

 Oleandri a Levanto (La Spezia) Chiesa di Sant'Andrea.

domenica 12 luglio 2015

Rafting, uno sport per tutti



Il Ticino è vicino... Slow Rafting nel Parco del Ticino, l’Amazzonia dietro casa



Anche in Italia, da qualche anno cresce in modo esponenziale la passione per il “Rafting”, sport che deve il proprio nome al termine inglese “raft”, che indica quel particolare gommone inaffondabile che normalmente si utilizza per le discese fluviali. Parliamo di uno sport le cui variabili, di adrenalina, ma anche di rischio, dipendono dal corso d’acqua che si intende affrontare. Nella maggior parte dei fiumi, italiani e internazionali, fare rafting significa sicuramente bagnarsi dalla testa ai piedi, ma purtroppo, non raramente, anche venire sbalzati fuori dal gommone con tutti i rischi conseguenti. Ma non è sempre così. In ogni parte del mondo esistono fiumi più “tranquilli”, quelli che in gergo tecnico vengono classificati di “I° grado o classe 1”, come il maestoso e placido Ticino, immerso nell’omonimo parco naturale, istituito nel 1974.

Fare rafting sul Ticino, significa, potersi godere l’emozione adrenalinica, comunque presente, di una navigazione fluviale attiva, ma senza il fastidio di uscirne bagnati fradici, né tantomeno il pericolo di cadere in acqua e farsi male.
Non a caso l’associazione sportiva che lo propone, denominata “AqQua”, ha coniato per quest’esperienza unica in Italia il neologismo “Slow Rafting”.
“Abbiamo scelto di definirlo in questo modo – racconta Alberto Vincenzi, presidente e coordinatore tecnico di AqQua – “proprio per trasmettere la particolarità dell’esperienza che proponiamo. Una discesa slow e rilassante, in un contesto incontaminato di natura mozzafiato e puro silenzio. Volatili di rara bellezza che attraversano il maestoso corso d’acqua ticinese, isolotti disabitati, nei quale fare una sosta per un bagno rinfrescante o per uno spuntino e variazioni affascinanti nella navigazione, che alternano tratti di ampio respiro con atmosfere “amazzoniche” a tunnel acquatici interamente coperti dal verde variegato della vegetazione circostante”.
L’associazione AqQua è ospitata all’interno della sede della Centrale Idroelettrica “Ludovico il Moro”, splendido edificio in stile Liberty costruito agli inizi del ‘900. Al suo interno le turbine attualmente in produzione e quelle originarie ristrutturate. La centrale è visitabile gratuitamente, previa prenotazione.

I percorsi

Il Ticino è un fiume navigabile per 110 km dal Lago Maggiore sino alla sua confluenza nel Po’, dopo Pavia. I percorsi proposti da AqQua si snodano da Magenta a Vigevano, oppure da Bereguardo, presso il ponte delle Barche, fino a Pavia. Il primo percorso transita attraverso uno dei tratti più incontaminati del fiume, lontano da strade rumori e costruzioni. Il fiume si dirama in infiniti canali e non permette la navigazione con mezzi a motore di grossa portata, garantendo silenzio e intimità con la natura. Per questo tratto la partenza è prevista dalla base di Vigevano.
Per il secondo tratto l’ambiente naturale rimane intatto nella parte iniziale per poi inserirsi nel contesto storico quando si oltrepassa il Lido di Pavia, la seconda base nautica di AqQua, istituita per i tragitti del basso Ticino. In questo percorso, meno “wild”, la navigazione permette di godere, dall’acqua, la vista della cupola del Duomo di Pavia, passando attraverso lo storico Ponte Coperto, “salutati” dalla Statua della Lavandaia per poi attraversare tutto Borgo Ticino dove si conclude il tragitto. La difficoltà del fiume resta sempre sul I° grado ovvero, da classificazione della FIRAFT (la federazione italiana rafting), facile.

Giornata o weekend “Into the wild”

Un’ intera giornata, o addirittura un weekend sul fiume, alla scoperta delle lanche, della flora e della fauna del Parco con la pausa pranzo, o la cena e pernottamento in tenda, su un’isola deserta da sogno, nella quale potersi abbandonare di fronte a un panorama “wild” senza soluzione di continuità, immersi nella natura incontaminata del Parco del Ticino.
Una giornata, o un weekend, scanditi dal ritmo della navigazione, toccando gli angoli più incantevoli del Ticino. Fiume che regala da sempre oro e sassi bianchi, legna, pesci in abbondanza, racconti e storia. Fiume maestoso e affascinante che nutre risaie e rogge irradiando vita intorno a sé. Un viaggio sulle sue acque, ma anche sulle strade e nella memoria di un territorio ad esso intimamente legato. Fiume sul quale, con un po’ di fortuna, si possono incontrare ancora oggi i cercatori d’oro, gli ultimi eredi e “custodi” dei segreti, tramandati da generazioni, di quest’affascinante tradizione.


Come

Per prenotare un’esperienza di rafting sul Ticino, o in alternativa, di kayak/canoa canadese, si può scrivere a info@raftingsulticino.it  o telefonare al numero 349 5560078.

L’abbigliamento è “libero”, purché dia la possibilità di muoversi comodamente. AqQua prevede ad ogni aspetto inerente la sicurezza, fornendo pagaie, caschetti e ausili al galleggiamento.

Dove

Base nautica di Vigevano presso la storica centrale idroelettrica “Ludovico il Moro” in Via T. Edison 4, Vigevano. Base nautica di Pavia presso il Lido di Pavia in strada del Canarazzo, Pavia.
Da MILANO: tangenziale ovest uscita “Nuova Vigevanese” in direzione Abbiategrasso. Superare Abbiategrasso in direzione Vigevano, passare il ponte sul Ticino e al primo semaforo dopo il ponte svoltare a destra. Seguire indicazioni Centrale ENEL e Parco Ideale.

Costi: per un’esperienza di rafting a partire da € 20 per i ragazzi ed € 25 per gli adulti. Per un’esperienza di kayak/canoa canadese a partire da € 24 per i ragazzi ed € 30 per gli adulti.

Informazioni al pubblico: info@raftingsulticino.it – Tel. 349 5560078 www.raftingsulticino.it

Informazioni alla stampa: Passaparola - Tel. 02 95380286 – 328 7321253 – info@passaparolarp.it

mercoledì 24 giugno 2015

Spinosaurus, un mostro in mostra

Spinosaurus, non bello ma simpatico... un tipo, diciamo
97 milioni di anni ben portati
In mostra a Palazzo Dugnani, via Manin 2, Milano, fino al 10 gennaio 2016

http://www.spinosaurus.eu/index.php

Dal 6 giugno 2015 al 10 gennaio 2016
SPINOSAURUS, IL GIGANTE PERDUTO DEL CRETACEO
La nuova sede espositiva del Museo, presso Palazzo Dugnani in via Manin 2, ospita una mostra il cui “pezzo forte” è lo Spinosaurus aegyptiacus, il più grande dinosauro predatore mai esistito (15 metri) nonché primo dinosauro semi-acquatico che si conosca. La mostra illustra la recente scoperta, gli studi condotti per ricomporne lo scheletro fossile e l'antico ambiente in cui lo spinosauro viveva. La mostra è prodotta da National Geographic in collaborazione con il Museo di Storia Naturale di Milano, The University of Chicago e Geo-Model.
Ingresso a pagamento.


mercoledì 17 giugno 2015

Un nuovo farmaco per la più diffusa forma di sclerosi multipla

Sclerosi Multipla: disponibile anche in Italia alemtuzumab anticorpo monoclonale iniettivo
per pazienti con decorso di malattia recidivante remittente

Il nuovo farmaco biologico, messo a punto da Genzyme e supportato da un programma di sviluppo clinico che ha coinvolto nel mondo circa 1.500 pazienti e 5.400 pazienti-anno di
follow-up,  ha ottenuto la rimborsabilità da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco

Alemtuzumab ha una modalità di somministrazione unica: una infusione endovenosa
per 5 giorni il primo anno e per 3 giorni il secondo anno

Milano, 28 aprile 2015 - Genzyme, società del Gruppo Sanofi, annuncia che è da oggi disponibile e prescrivibile anche in Italia, il farmaco biologico alemtuzumab: un anticorpo monoclonale che interagisce in modo selettivo con le cellule del sistema immunitario responsabili dell’attacco al sistema nervoso centrale tipico della malattia. L’anticorpo colpisce infatti la CD52, una proteina presente in grandi quantità sulla superficie delle cellule T e B determinando l’eliminazione delle stesse cellule circolanti, responsabili del processo infiammatorio.
Alemtuzumab, già approvato in oltre 40 Paesi, ha infatti ricevuto da AIFA le indicazioni su regime di rimborsabilità e prezzo, pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n.82 del 9 aprile scorso.
Rispetto ad altri trattamenti immunosoppressori, alemtuzumab esercita un impatto minimo sulle altre cellule immunitarie. Gli studi hanno inoltre dimostrato che la riduzione delle cellule T e B, caratteristica di questo farmaco, è seguita immediatamente da un ripopolamento delle cellule immunitarie con modalità che riducono potenzialmente l’attività della malattia.
Alemtuzumab è indicato nei pazienti adulti con sclerosi multipla recidivante-remittente (SMRR) con malattia attiva definita clinicamente o attraverso le immagini di risonanza magnetica e presenta una modalità di somministrazione unica nel panorama terapeutico della malattia. È, infatti, una infusione endovenosa da somministrare solo 5 volte (in 5 giornate consecutive) il primo anno di trattamento e 3 volte il secondo anno. L’efficacia del trattamento si protrae anche negli anni successivi (al momento il massimo periodo di osservazione degli studi è di 5 anni).

La Sclerosi Multipla è una malattia che colpisce soprattutto le persone di sesso femminile: il rapporto donna/uomo è infatti di circa 2,5 a 1 e risulta in crescita, dato che negli ultimi decenni si è assistito a un incremento della frequenza della malattia, soprattutto nel sesso femminile. Ciò non può che dipendere da fattori ambientali quali il fumo e la carenza di vitamina D associata ad una scarsa esposizione ai raggi solari” -  spiega Giancarlo Comi, Direttore del Dipartimento Neurologico e dell’Istituto di Neurologia Sperimentale dell’Ospedale San Raffaele di Milano. “Per fortuna per questa malattia abbiamo oggi molte nuove risorse terapeutiche, con diversi meccanismi d’azione, tra le quali alemtuzumab. Questa si presenta con un profilo particolare in quanto distrugge le cellule patogeneticamente rilevanti con grande efficacia ed effetti persistenti a lungo termine, risultando particolarmente indicata nei pazienti con elevata attività di malattia”.

Il nostro centro segue dal 2009 sei persone con Sclerosi Multipla che hanno partecipato alle sperimentazioni cliniche di fase terza con alemtuzumab – spiega Maria Giovanna Marrosu Direttrice del Centro Sclerosi Multipla Ospedale Binaghi di Cagliari – nella nostra specifica esperienza il farmaco si è dimostrato efficace nel ridurre, fino ad annullarle, le ricadute; nel mantenere a livelli molto bassi la disabilità e ha mostrato un ottimo effetto sulla qualità di vita dei pazienti.”

“Poter rendere oggi disponibile in Italia un nuovo trattamento per la Sclerosi Multipla Recidivante Remittente, che si aggiunge alla nostra terapia orale già sul mercato dallo scorso settembre, ci riempie di orgoglio -  spiega Enrico Piccinini, General Manager di Genzyme in Italia e Malta - L’impegno di Genzyme in questa specifica area è il naturale proseguimento di  una lunga tradizione di ricerca nell’ambito delle malattie rare e dei farmaci orfani. La Sclerosi Multipla, pur non essendo rara, presenta infatti ancora molti bisogni clinici insoddisfatti ed è caratterizzata da un decorso non del tutto prevedibile al suo esordio, che necessita quindi di una forte personalizzazione del percorso diagnostico e terapeutico.”